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Crescere i figli è un po’ come il tennis: gioco, partita, incontro, racconta Cristiano Pravadelli nel suo libro di nuova uscita,  Genitori in campo
Da bravo coach, in questa intervista ci offre qualche spunto su come affrontare al meglio la quarantena e giocare la partita, oggi, tra la mura domestiche.

Cristiano, parlaci di te: che autore sei? Cosa ti ha portato a scrivere?

Quando mi presento, amo distinguere “chi sono sono” da “quello che faccio”. Sono un marito, un padre, un appassionato della vita. Nel contempo faccio tante cose: lo psicologo, il disegnatore, l’autore… 
Perché ci tengo a distinguere? Perché so che ciò che faccio è fortemente influenzato da quello che sono ma non è vero il contrario. Non faccio lo psicologo con i miei figli,

tantomeno con mia moglie (non me lo permetterebbero mai!), ma l’approccio che ho alla psicologia è invece molto influenzato dall’esperienza personale di genitore e marito. Quello che sono mi rende sensibile a fare le cose in un certo modo. Penso sia così per tutti. Allora posso dire che faccio l’autore portando dentro alle mie narrazioni quello che sono. Per questo, il libro Genitori in campo non è un manuale scritto da uno psicologo, ma un libro scritto principalmente da un padre che fa lo psicologo, che si occupa di preparazione mentale dei tennisti e che ama disegnare. Ci tengo molto al disegno, perché ho illustrato io stesso il libro e mi sento un autore particolare: uno scrittore che disegna. Ho già scritto e pubblicato altri libri per Terre di mezzo ma li ho sempre costruiti a quattro mani con un altro autore: Mattia Tasso. Questa volta è stato diverso. Dovevo parlare di qualcosa di davvero molto personale come l’esperienza della genitorialità. 

Genitori in campo: raccontaci come è nato il libro, quando hai avuto l’idea e come lo hai realizzato.

Da sempre mi piace osservare le cose che mi circondano, le esperienze che faccio e trovare analogie con la vita. Trovo sia un gioco meraviglioso, un po’ come quando da bambino mi stendevo sul prato a guardare le nuvole e provavo a riconoscere in loro delle forme note. C’era la nuvola che sembrava un elefante, quella con la forma di un drago e poi quella che assomigliava a un aereo e tante altre ancora. Penso sia un gioco che abbiamo provato un po’ tutti, che ci permetteva di familiarizzare con l’idea che quello che facciamo e vediamo va oltre a quello che appare. Questo è, almeno un po’, il mio approccio alla vita. 

E così anche con il tennis. L’ho guardato e mi è sembrato subito che avesse la forma dell’esperienza genitoriale. No, non perché ci sono delle palle che girano eh! Ma perché la struttura del tennis, le sue regole, il campo in cui si gioca ha davvero moltissime analogie con l’esperienza genitoriale. Così più osservavo, più approfondivo, e più trovavo spunti per rileggere la mia esperienza di padre. Ho pensato allora di condividere queste osservazioni organizzando degli incontri dedicati ai genitori. Sono stato invitato da scuole materne ed elementari e da diversi circoli sportivi nel nord d’Italia. Ho iniziato a raccontare l’esperienza di essere padre e madre da una prospettiva diversa dal solito, quella di “allenatori alla vita” dei nostri figli. Ho parlato, non senza fatica e imbarazzo, di me, della mia esperienza di papà, rendendomi conto che le persone che seguivano i miei incontri mi guardavano strano, come se pensassero: “caspita, Freud è uno di noi!” Mi ha fatto bene e penso lo abbia fatto anche a chi mi ha ascoltato, perché ha potuto riconoscere la normalità della fatica di accompagnare alla crescita. Così, su suggerimento di un’amica, ho iniziato a registrare alcune tracce audio durante i miei spostamenti di lavoro in auto, per non perdere le idee e le intuizioni che nascevano dall’incontro con gli altri genitori. Quelle tracce audio sono state la prima stesura del libro.

Nel tempo che stiamo vivendo, ai giorni del coronavirus, sembra che la partita di cui parli sia da giocare in un campo diverso, quello delle mura domestiche

Il match che ci troviamo a giocare in questa situazione così delicata è molto impegnativo. D’altra parte, come dico sempre ai ragazzi quando si preparano ad affrontare una sfida, non siamo noi a scegliere i nostri avversari. Ce li troviamo davanti e dobbiamo costruire il miglior gioco possibile, con quello che abbiamo, mentre giochiamo. Penso sia quello che è accaduto nelle ultime settimane. Abbiamo iniziato a confrontarci con questo avversario e abbiamo scoperto che più lo sfidiamo e più diventa forte. Allora saggiamente abbiamo scelto di spostare lo scontro dal piano fisico a quello strategico. È un avversario che devi far annoiare in modo che si stanchi e non riesca più ad essere particolarmente incisivo. Il prezzo da pagare, però, è che per annoiare l’avversario non possiamo neppure noi giocare il nostro miglior gioco, e questo ci pesa. Ma è la strategia giusta. Chiusi tra le mura domestiche, per mantenerci fedeli a questa linea, rischiamo di vivere immersi in una bolla senza tempo. Una parentesi in attesa che tutto ritorni alla normalità. Questo tempo è comunque vita e non una pausa 

Dobbiamo mantenere la concentrazione. 
Per questo mi sento di condividere quattro elementi a cui noi, come famiglia, stiamo cercando di prestare attenzione: 

  • dare struttura e organizzazione alle nostre giornate 
  • leggere il buono che questa situazione ci porta a sperimentare
  • mantenersi connessi con gli altri
  • restare informati (ma non troppo)

Provo a spiegarmi meglio. In famiglia abbiamo costruito un programma della giornata con tanto di orari. Suona molto da caserma ma in questo stato di emergenza funziona. Abbiamo scelto di costruire un programma distinto in due parti: l’orario dei giorni feriali e l’orario dei festivi. Penso che oltre all’organizzazione delle giornate abbiamo bisogno di non perdere la scansione del tempo settimanale, fatto di alternanza tra ritmo e ordinarietà e rallentamento e straordinarietà. 

Io e mia moglie, pur colpiti dalla situazione, continuiamo a chiederci che cosa di buono ci sta permettendo di fare questa situazione. A parte passare del tempo tutti assieme stiamo portando a termine molti piccoli lavori domestici in standby da mesi. Inoltre riusciamo a far sperimentare ai nostri ragazzi un livello più alto di autonomia e una maggiore partecipazione attiva alla vita di famiglia. Quasi ogni giorno, in più, cerchiamo di connetterci a rotazione con nonni, zii e amici. Non siamo isole, abbiamo bisogno di mantenerci vivi anche nei legami. Infine cerchiamo di mantenerci tutti informati, ma con moderazione, perché davvero l’eccesso di informazioni rischia di farci sentire prigionieri arrabbiati alla ricerca di un colpevole. E questo, ora, non c’è di nessun aiuto.  

Per quanto riguarda l’allenamento: proposte alternative?

Occupandomi di preparazione mentale e non fisica o atletica, penso che dalla mia prospettiva l’allenamento più interessante oggi sia, come dicevo prima, quello di dare struttura al nostro tempo avendo cura di inserire anche delle nuove abitudini. Ecco, il tema delle abitudini può essere uno spunto. Le abitudini sono funzioni del nostro cervello davvero interessanti perché ci portano ad automatizzare i nostri comportamenti, a fare senza pensare. Quando ti fai la doccia, ad esempio, probabilmente inizi a lavarti sempre dalla stessa parte, che so dal braccio sinistro. Non ne sei consapevole ma usi uno schema che ti aiuta a “fare senza pensare”. Se dovessimo essere consapevoli di ogni nostra azione, se dovessimo riflettere su ogni nostro piccolo gesto, a fine giornata saremmo stremati, perché questa attenzione richiederebbe un consumo energetico altissimo. In realtà siamo fortunati perchè il nostro cervello è ecologico e ha un funzionamento bi-fuel: a benzina quando pensiamo e metano quando usiamo le abitudini 

Questa nuova situazione in cui siamo un po’ tutti agli arresti domiciliari, produce uno strappo con alcune abitudini costringedo a riorganizzarci per andare a benzina per un po’. Questo tempo allora, che lentamente sta riscrivendo in noi delle nuove abitudini, può essere usato agendo attivamente, provando a decidere di inserire qualche piccola nuova prassi personale o di famiglia. Io ad esempio, ho ripreso in mano gli esercizi sulle tecniche di respirazione e rilassamento dedicandoci 10 minuti al giorno. 

Progetti per il futuro che vorresti condividere con noi?

Genitori in campo è un doppio libro fatto da una narrazione scritta e da una iconografica. Vi sono al suo interno 15 tavole illustrate, oltre a tanti disegni che dialogano con il testo, per approfondire e ampliare i temi trattati. Mi sono allenato per anni a fare tavole illustrate per studiare con i miei figli storia, geografia e scienze. Ho visto il potere del disegno nel fissare i concetti, stimolare la creatività e supportare la capacità narrativa. Vorrei, in futuro, approfondire il tema della narrazione visiva perché ritengo che abbia davvero molte potenzialità da offrirci. 

Sui tuoi profili social, c’è una serie di video molto carina, Gli Schizzati. Vorresti regalarcene uno, per queste giornate di quarantena?

Gli schizzati sono un primo esperimento rispetto a quello che dicevo poco prima. Sono nati per gioco, per sperimentare mini-narrazioni visuali (non durano mai più di 3 minuti) e per dimostrare a me stesso e a chi mi segue che è possibile toccare temi anche complessi in un tempo davvero ridotto, se le parole dialogano con le immagini. Inizialmente le pubblicavo solo sulla pagina Facebook “Gli schizzati” ma le persone che non erano iscritte a questo social network non riuscivano a vedere i video. Così, l’anno scorso sono passato a Youtube. Sto pubblicando un video alla settimana, il sabato.

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