Uno degli obiettivi di questo articolo è aiutarmi e aiutare i professionisti ad orientarsi lungo la strada che porta dalla concorrenza alla collaborazione, analizzando i processi sequenziali e i tempi attraverso i quali si fonda e costruisce una rete di professionisti stabile. Offrendo una serie d’indicazioni per superare le rivalità professionali e dare vita a una libera organizzazione fondata sulla collaborazione e condivisione della leadership. Charles Kupchan scrive
nel suo libro "Come trasformare i nemici in amici" che si sa poco di come e quando si vengono a formare zone di pace durature. Il tema della pace duratura ha ricevuto nel mondo poca attenzione e sono state fatte poche analisi perché le zone di pace stabili sono rare. Inoltre letteratura e studiosi si sono concentrati sulle guerre proprio perché la pace stabile è di per se pacifica, sono non-eventi e di conseguenza culturalmente poco interessanti. Thomas Hardy diceva: "la guerra fa scrivere storie fragorose, la pace annoia", Emmanuel Carrère scrive nel libro Limonov, narrando la storia di questo personaggio romanzesco, che "la guerra per gli uomini è necessaria".
Personalmente penso che le forme di guerra siano rappresentate anche attraverso lo sport (la sconfitta, l’avversario, la battaglia, ecc.). Lo sport difatti nasce anche come strumento di allenamento per eserciti in tempi di pace. Le terminologie guerresche sono presenti anche nel mondo del lavoro e nelle relazioni tra imprese o tra liberi professionisti. Se per lo sport il paradigma su cui ho deciso di lavorare attraverso il metodo Sport4Life è "allenarsi per crescere" ho incominciato a pensare a come affrontare il tema della “guerra” anche nel mondo della libera professione a partire dal rapporto con i colleghi di lavoro. Sport4Life è già un progetto che opera attraverso una rete di professionisti che condividono la visione del progetto sportivo e dalla cui relazione il metodo si arricchisce di teorie e strumenti applicati.
Il futuro lavorativo sarà strutturato da organizzazioni che operano in rete e in questa direzione si stanno muovendo molte realtà. Per esperienza diretta e non, fondare una rete è molto più complesso di quanto sembri. Il risultato di Sport4Life è il frutto di una ricerca e sperimenti che hanno quasi 10 anni di storia e di altrettanti fallimenti. Lavorare in rete e con il concetto di co-costruzione non viene allenato nelle persone, anzi a partire dalle scuole e nelle aziende poi, tendenzialmente si cerca di mettre gli uni contro gli altri ("guarda come è bravo Tizio, guarda che bel voto che ha preso Caio, ecc."), nelle aziende vive ancora la cultura di dividi e comanda e tra i liberi professionisti la ricaduta di questa cultura porta ad una concorrenza che alle volte rasenta la scorrettezza. Questi atteggiamenti come li possiamo chiamare? Guerra? E' vero non muore nessuno, ma quando muore un'impresa a causa di queste dinamiche o la libertà di professione di un individuo è comunque un lutto e il paradigma che governa queste dinamiche è lo stessa della guerra. Non solo il paradigma ma molte volte anche le parole usate fanno parte di un vocabolario da esercito più che umanista (provate a notare quanto volte nel mondo del lavoro si parla di "conquistare", "annientare", "decimare", "colpire", ecc.ecc.). Quante scuole di coaching si sono fatte e si stanno facendo "la guerra"? Si, anche le scuole di coaching coloro che lavorano formando persone e proponendo corsi su concetti di allenamento, sviluppo della crescita umana, di allenamento umanistico, ecc. ecc. Ma non esiste un responsabile o uno cattivo e uno buono siamo il frutto di una cultura fondata su centinaia di anni di guerre che ancora oggi sono lo strumento per cercare il cambiamento o il miglioramento.
Ho provato così a teorizzare e poi a sperimentare il metodo che sottostà al progetto Sport4Life e che è una strada per avvicinare i professionisti alla costruzione di una rete in cui la condivisione della visione della persona, la collaborazione, la cooperazione e la condivisione della leadership individuale sono i prerequisiti per l’inizio di questo processo.
La rete si raggiunge attraverso 4 fasi.
1. Prendersi il rischio; la prima fase è il passo iniziale della costruzione della rete e cioè rischiare. Si tratta di un gesto che mostri intenti benevoli di apertura, mostrando così che le proprie intenzioni non sono aggressive e che considera quelle del proprio collega altrettanto benigne. Il professionista che fa il primo passo esprime la sua volontà di andare oltre la competizione tra professionisti. A questo punto l'altro decide come rispondere, se sfruttare la situazione a suo vantaggio come un’offerta di collaborazione o se rifiutare. Quando le parti sono disposte a fare concessioni "rischiose" si ha il primo passo per la costruzione di una rete. Tempi di maturazione da uno a sei mesi.
2. Lo scambio; questa fase è composta dallo scambio di "doni”. Le parti in questo modo si legano le une alle altre tramite dei doni attraverso dei patti informali e accordi codificati che sono la relazione competente (io studio ciò che fai tu e tu studi ciò che faccio io) e il feedback competente (se tu mi dai una cosa la utilizzo e ti dico come questa cose ha funzionato e come l'ho adattata creativamente al mio sistema). Questa relazione che sostituisce quella audace della fase uno, permette di passare da una relazione in contesto competitivo ad una cooperazione regolamentata. Attraverso questo rapporto le parti coinvolte si sentono sempre più a loro agio nei confronti del potere dell'altro e incominciano a vedere una fase di collaborazione in una relazione tra pari dove le differenze di esperienza diventano ricchezza per entrambi. Mano a mano che queste pratiche di scambio aumentano, la loro funzione diventa quella di consolidare il rapporto tra le parti. Questa dinamica nasconde la magia di far entrare i professionisti in un regime in cui iniziano a modificarsi i loro stessi interessi personali. Tempi: da 6 mesi a due anni.
3. Condivisione; in questa fase il processo, che all'inizio è regolato solo dai diretti interessati, si apre anche alle reciproche alleanze che possono essere fornitori, colleghi fino ad arrivare ai clienti e ai propri amici. La condivisione si manifesta su più livelli. A questo livello il dialogo non è solo per consolidare il rapporto ma ha lo scopo di elaborare strategie per promuovere la collaborazione su tutti i livelli. Tempi: da tre a cinque anni.
4. L'ultima fase di costruzione di una rete riguarda il cambiamento di identità attraverso la creazione di nuove narrazioni (l'esperienza). In questa fase le persone cambiano l'idea che avevano dell'identità del collega. Le identità così si sovrappongono e si sviluppano un'identità condivisa e un "senso del noi". L'esperienza vissuta va creativamente narrata esaltandone le relazioni.
Ostacoli all’approccio verso il processo di rete. Gli ostacoli sono principalmente culturali come abbiamo visto nella premessa e possiamo classificarli in: ostacoli di tipo relazionale: leader autoritari o lissez-faire, organizzativo: controllo sui processi e le persone, competenze: incapacità di delega.
Paolo Loner
"Caro Paolo,
trovo che la tematica da te esposta sia centrale e di ENORME importanza per il futuro del mondo del lavoro e quindi il nostro. Stamane sul corriere della sera leggevo di un giovane ultra specializzato nel settore agroalimentare, che dopo 2500 curriculum inviati ha trovato solo poche e inaccettabili offerte di lavoro. Allora mi sono chiesto che cosa sarebbe successo se questo ragazzo si fosse trovato a dover iniziare il suo percorso professionale in un contesto basato sulla condivisione delle competenze, sull' investimento umano e sulla co-costruzione di progetti. Certamente non avrebbe dovuto emigrare in Slovacchia come ha poi fatto. Condivido con te l'idea che questa nostra modalità di collaborazione sarà la vera risorsa per combattere un sistema del lavoro ormai costruito sulla distruzione dei vincoli contrattuali tradizionali. Personalmente trovo due ostacoli di processo. Il primo è dato dalla crisi economica che erode risorse, limita le persone ad obiettivi a breve termine, alimenta pessimismo e diffidenza. Il secondo, molto più significativo, è culturale e generazionale. Esso non si lega solo ad un filosofia della competizione " bellica" tra gli individui. Dopotutto fare la guerra a qualcuno significa doverlo studiare, prendere informazioni, rispettarlo in qualche modo. La guerra genera l'emozione della sfida e del rischio e Limonov può essere un valido esempio di questa attitudine. Oggi invece il paradigma culturale e generazionale è costruito sull'egotismo, l'individualismo e il rifiuto dell'altro se non come strumento fine ai propri scopi. Anche su questa radice si sono sviluppati gli abomini organizzativi che colpiscono soprattutto i più giovani. Si tratta di una situazione anche generazionale perché indotta da un'educazione basata sul culto dell'io e in cui la collaborazione come competenza non viene allenata. A mio modo di vedere questa skill non può prescindere da una forte apertura, curiosità, ed un sentito interesse verso l'altro. Allenare la collaborazione e questa cultura della co-costruzione per me deve essere uno degli assi di sviluppo di Sport4Life.
Grazie mille ancora per la bellissima riflessione. Riccardo"