Hai guardato il golf, il tennis, lo sci, la box in televisione e ti sembra divertente e ti piacerebbe praticare questo sport assieme ai tuoi amici. Prima cosa che fai ti iscrivi ad un corso, acquisti abbigliamento e attrezzi sportivi e dopo qualche mese di lezione sei in grado di allenarti da solo e raggiungere un minimo di autonomia. Ti alleni per un periodo da solo e dopo un po’ torni da un allenatore per qualche altra lezione e via di nuovo ad allenarti e a giocare con i tuoi amici. Piano, piano gli errori più “stupidi” si fanno sempre più rari e raggiungi un livello di competenza sufficiente per divertirti e toglierti qualche soddisfazione. Quante storie sportive si sviluppano così. Adulti che si avvicinano ad uno
sport o giovani atleti che fanno parte di una scuola sportiva. Questo livello di gioco però è il livello che si può raggiungere attraverso un allenamento che gli esperti definiscono “livello accettabile”. Una volta raggiunto questo livello hai smesso di crescere in maniera importante rispetto ai primi anni. È vero hai acquisito un buon livello di abilità, di autonomia, di automatizzazione nei movimenti ma fondamentalmente hai smesso di imparare in maniera importante. Questo punto che definisco “il bivio”, è lo spartiacque tra l’allenamento consapevole e l’allenamento inconsapevole. Molti giovani atleti ma anche master si trovano a questo “bivio” ed è un circolo vizioso che porta la persona al disorientamento e al fraintendimento. Disorientamento perché ti stai allenando, ma senti di non crescere come vorresti. Fraintendimento perché rispondi al disorientamento con altro allenamento pensando che aumentandone l’intensità o la frequenza migliori. Guidare l’auto per 10 anni allo stesso modo non fa di te un ottimo conducente rispetto a chi guida da soli 5 anni. La ricerca e la scienza hanno dimostrato che una volta raggiunto quel livello accettabile di performance (il bivio) gli anni successivi di allenamento non producono un miglioramento significativo ma replicano in sostanza le stesse dinamiche di sempre senza produrre un effettivo miglioramento.
Mi spiego meglio attraverso un dialogo immaginario tra allenatore e atleta.
Atleta: ieri in gara non ho eseguito quel gesto tecnico come avrei voluto.
Allenatore: quest’ultimo mese quante ore hai dedicato ad allenarlo?
Atleta: Almeno un’ora al giorno!
Allenatore: E quante volte in questi allenamenti sei riuscito ad eseguirlo correttamente?
Atleta: Non lo so, però sentivo che qualche volta riuscivo come volevo.
Allenatore: In che modo l’hai esercitato questo gesto?
Atleta: Mi sono allenato tutti i giorni e basta.
Questo è un esempio di allenamento inconsapevole, “mi sono allenato”. Ma potrei citare un esempio analogo nel rapporto studente insegnante in cui alla domanda “in che modo ti sei esercitato?” la risposta sarebbe “ho studiato” o al massimo “ho letto e ripetuto” (che noia!!). E allora che cosa ti serve? Un allenamento consapevole, una pratica mirata! Per uscire dal “bivio” è necessario cambiare modo di allenarsi e passare ad un allenamento consapevole. Prima di definire le linee guida per trasformare un allenamento “normale” in allenamento consapevole o come dice Ericsson in pratica deliberata, definiamo quali sono i prerequisiti per strutturare un allenamento consapevole che, dal mio punto di vista, sono tre.
- L’allenatore deve vedere, aver chiaro e credere nel potenziale dell’atleta. Sul rapporto allenatore ho scritto questo articolo (http://sport4lifecoach.com/index.php/blog/185-il-rapporto-tra-allenatore-e-atleta-di-paolo-loner)
- L’allenamento consapevole va costruito sulle caratteristiche personali dell’atleta (RelationProSport Metodo Sport4Life). Ogni persona ha un modo diverso di leggere gli allenamenti e la relazione con l’allenatore.
- Il processo per essere elaborato e co-costruito deve prendere in considerazione desideri e filosofia di vita dell’atleta. Questa visione umanista alimenta e mantiene la motivazione nell’atleta.
Le linee guida dell’allenamento consapevole sono:
- Acquisizione di abilità. L’allenamento consapevole ha come indicatore che al termine di ogni allenamento l’atleta ha acquisito o migliorato un’abilità.
- Conoscenza di sé. Ogni allenamento consapevole porta l’atleta a conoscere i propri punti di forza ma anche i propri punti di debolezza.
- La pratica si svolge fuori dalle aree di comfort. Questo richiede all’atleta di sforzarsi per affrontare aree nuove o diverse, sviluppando così nuove competenze.
- Obiettivi specifici e definiti. Non si tratta di migliorare genericamente una performance ma deve passare attraverso un miglioramento tecnico, tattico, atletico o mentale specifico.
- Relazione competente. Il rapporto tra allenatore e atleta deve passare attraverso un rapporto fondato sullo studio e sulla conoscenza personale reciproca e della materia.
- Feedback. L’allenamento consapevole necessita di continui, puntuali e specifici feedback da parte di un osservatore esterno.
- L’allenamento consapevole produce emozioni, pensieri e azioni che devono poter essere rappresentate mentalmente. Le rappresentazioni mentali vivono in parallelo con l’allenamento. Il miglioramento della performance arricchisce i dettagli della rappresentazione mentale che a sua volta alimenta la qualità della successiva performance creando così un circolo virtuoso. Per un esempio di rappresentazione mentale puoi leggere http://sport4lifecoach.com/index.php/blog/164-allenamento-mentale-la-visualizzazione-di-paolo-loner
Ora hai un quadro chiaro di cosa significhi allenamento consapevole e se vuoi cambiare e migliorare nella tua pratica sportiva o nello studio, non devi aumentare il numero o le ore di allenamento, molto probabilmente devi cambiare il modo in cui ti stai allenando.
CoachLoner
Bibliografia
Numero 1 si diventa di K.A. Ericsson e R. Pool ed. Sperling & Kupfer 2016
Rituali quotidiani di Mason Currey ed. Vallardi 1989
Adolescenti di Laurence Steinberg ed. Le Scienze 2014