Pensiero positivo sport4life

Una allenatrice con cui lavoro, poche sera fa durante un incontro con i suoi atleti ha chiesto ad una di loro di utilizzare il pensiero positivo evitando di arrabbiarsi quando sbaglia. Personalmente non credo che coltivare pensieri positivi sia sufficiente per migliorare una performance in allenamento o in gara. Su questo tema desidero esprimere e condividere ciò che ho studiato e sperimentato in questi anni.

Occorre qualche cosa di più del "pensiero positivo" per assumere realmente il controllo della nostra mente durante una performance sportiva. Non è sufficiente imprimere una direzione positiva alla nostra energia mentale semplicemente alimentando pensieri positivi ed eliminando quelli negativi. Il semplice pensiero positivo potrebbe non

avere nessun effetto sulla performance di uno sportivo. Inoltre è dimostrato che gli atleti che falliscono nella pratica del pensiero positivo poi si debilitano mentalmente ancora di più perché pensano di non avere più speranze credendo così di aver esaurito tutti i rimedi (La biologia delle credenze di Bruce H. Lipton ed. Scienza e coscienza 2005).

Cerco di spiegare in modo semplice ciò che ho studiato e applicato nella mia vita e negli allenamenti con atleti e allenatori.

Diciamo che la mente ha due facce una creativa (mente conscia) e una abitudinaria (inconscia). 

Quando tiri a canestro, palleggi, danzi e contemporaneamente parli con un compagno, la mente creativa si relaziona mentre quella abitudinaria esegue un compito che è una routine, un'abitudine e risponde con l'esperienza appresa a uno stimolo-risposta. In questa modalità devi sapere che non stai facendo una "pratica deliberata" (allenamento consapevole) ma stai rafforzando delle abitudini. 

Le due menti non sono separate ma sono interdipendenti cioè dipendono una dall'altra. Per cui stai scegliendo di far fare alla mente abitudinaria ciò che sa fare per esperienza appresa e dai forza alla mente creativa per poter proseguire il dialogo con il tuo compagno.

Questa "guida mentale" (parlare ed eseguire un gesto tecnico) ti è permessa grazie alla forza della mente abitudinaria che ha la capacità di elaborazioni neurologiche milioni di volte più potenti della mente creativa. Se invece i desideri della mente creativa entrano in conflitto con i programmi delle abitudini, quale mente credi che potrà prevalere? Esempio: quante volte ti sei infuriato quando hai sbagliato un gesto tecnico, o perdi un punto nello sport che pratichi? Fin da bambino ti hanno detto e fatto sentire che sbagliare è male, che l'errore va punito, che è importante vincere. Quindi quando commetti un errore o perdi una partita dentro di te viene premuto il "pulsante" del programma stimolo-risposta, e ti arrabbi che è il risultato di un programma di comportamento memorizzato nella tua mente inconscia. 

Il pensiero positivo puoi ripeterlo all'infinito. Puoi ripetere che l'errore ti sta insegnando qualche cosa, che sbagliare significa imparare, che la sconfitta è parte del percorso, ma se da bambino hai sentito ripetere migliaia di volte e provato dal punto di vista emotivo migliaia di volte che non vali niente, che gli altri sono meglio di te, che non otterrai mai nulla dalla vita, che stai perdendo il tuo tempo, ecc. ecc. i programmi nella tua mente abitudine, mineranno alla base i tuoi più sinceri e autentici sforzi coscienti di cambiare il tuo approccio mentale alla competizione, all'errore, ecc. ecc. 

Per riuscire ad incidere profondamente a questo cambiamento oltre al pensiero positivo che va allenato, abbiamo bisogno sopratutto di contesti nei quali il rapporto allenatore e atleta sono fondati su un processo di autorealizzazione, in cui vengono trasmesse sicurezza e competenze comportamentali che sviluppano nel giovane atleta un senso e un valore sociale buono per se e per gli altri. Leggi a questo riguardo l'articolo "Il rapporto tra allenatore e atleta" (http://sport4lifecoach.com/index.php/blog/185-il-rapporto-tra-allenatore-e-atleta-di-paolo-loner).

Per superare questo ostacolo abbiamo quindi bisogno di allenatori, atleti professionisti e insegnanti che sono per noi esempi di vita positivi, impegnati a costruire relazioni di vita sociale per il bene proprio e degli altri. Solo così possiamo far "programmare" ai nostri giovani atleti comportamenti abitudinari sani che consento il successo nella vita, addirittura senza esserne coscienti.

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